Il cinema porge alla visione e all’ascolto anche storie drammatiche, con personaggi travolti da eventi di portata emotivamente non sostenibile. Tra questi, la lunga malattia di una persona cara può diventare un’esperienza traumatica anche per chi la respira nelle immediate vicinanze e soprattutto se non si ha ancora la maturità per elaborarla. 7 minuti dopo la mezzanotte racconta questa storia attraverso gli occhi di un ragazzino dodicenne che vive con la madre malata ed è, per essere diretti, una storia meravigliosamente raccontata.
Il film si presenta come un fantasy con tanto di protagonista in fascia d’età preadolescenziale, ma è bene tenere presente che il tema trattato è tutt’altro che infantile e che anche lo stomaco di un adulto possa essere messo a dura prova. 7 minuti a mezzanotte, tratto dall’omonimo libro di Patrick Ness, è soprattutto una storia di crescita, di coraggio (perché nella vita ce ne vuole tanto), di fantasia (perché nella vita ce ne vuole tantissima) ed è messa in scena dallo spagnolo Juan Antonio Bayona con tecnica, grazia e sentimento. Il regista coglie lo spirito scalpitante di chi stia entrando negli anni della maturità e affronta, lui stesso con coraggio, i tempi precorsi dal protagonista costretto a capire subito, per sopravvivere, quanto l’animo umano sia una bestia con diverse facce
Bayona ha il cinema nel sangue, non sbaglia un’inquadratura, incorpora i rumori ambientali e musica nello stato d’animo dei personaggi, tra malinconia, rabbia e compassione. Sotto questo aspetto il film ha molto da insegnare a qualunque giovane e meno giovane regista, ma tutto questo sarebbe inutile se non ci fosse anche una sensibilità umana profonda dietro la tecnica, tanto in Bayona quanto nel magnifico ragazzino Lewis MacDougall. Le sequenze animate che simulano la pittura ad acquerello, sono realizzate dallo studio di effetti speciali Glassworksdi Barcellona e sono tra le migliori espressioni artistiche in computer grafica mai viste al cinema.
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